Nel parlare di camminare, non poteva certo mancare un approfondimento riguardo all’influenza che, nel corso degli anni, questa pratica ha avuto sulla nostra cultura, soprattutto su quella degli ultimi decenni: oltre ad essere un punto di riferimento per pellegrini e viandanti, un’esperienza di crescita personale e fonte di benessere fisico e mentale, nel tempo, infatti, è diventata anche stimolo creativo per artisti e scrittori.
Movimenti artistici, esempi di arte nel camminare
Già agli inizi del ‘900, ad esempio, il movimento Dada utilizzò la figura del flâneur (colui che passeggia per le vie cittadine) come spunto per inaugurare, davanti alla chiesa di Saint Julien le Pauvre, una serie di escursioni urbane nei luoghi banali di Parigi, quelli che “non avevano nessuna ragione di esistere”, con l’obiettivo di esaltare il valore del percorso nella sua semplicità.
Successivamente, il Surrealismo cominciò ad interessarsi anche al rapporto tra spazio e psiche, utilizzando le zone sconosciute della città come mezzo per indagare e svelare la mappa inconscia della mente. A partire dagli anni Sessanta, poi, l’attenzione delle correnti artistiche si spostò sul corpo e il camminare divenne un elemento fondamentale di ricerca e scoperta.
Il movimento lento e continuo che caratterizza il viaggio a piedi unito al contatto privilegiato con la natura ed il territorio, hanno ispirato e dato vita così a diverse forme d’arte accomunate dalla passione per l’essere umano e la relazione con se stesso, l’ambiente in cui si trova, l’altro e, anche, l’immaginazione.
L’atto di camminare diviene al contempo esercizio, strumento e produzione artistica attraverso immagini, suoni, video oppure mappe, disegni, oggetti trovati, lettere, diari, descrizioni come ci testimoniano la Walking Art, la Land Art o, anche, le esibizioni interattive.
Gli artisti più famosi che hanno creato l’arte dal camminare
Tra gli artisti più famosi possiamo citare, ad esempio, Richard Long che, nelle sue sculture e fotografie, rappresenta le sue camminate nei luoghi inesplorati del Pianeta, dove non vi è alcuna presenza umana né testimonianza storica e l’unica protagonista è la natura incontaminata.
Egli trae ispirazione dall’acqua, dalla terra, dalla pietra e dal legno dell’Australia, dell’Himalaya e delle Ande Boliviane per lasciare tracce, segni, impronte o creare cerchi, labirinti e linee di rocce e sassi, come se fossero riti sacri di devozione. Il suo intento è quello di descrivere l’azione del camminare nello spazio infinito e in libertà, in simbiosi con gli elementi naturali.
Hamish Fulton, invece, pone maggiore attenzione all’aspetto spirituale ed emotivo, rielaborando e raccontando il viaggio allo scopo di stimolare il pubblico a vivere esperienze simili. Egli stesso definisce la camminata come un atto meditativo necessario all’attività artistica, tanto da considerarlo e viverlo sempre più spesso come un vero e proprio pellegrinaggio.
Nelle sue opere cattura immagini, insegne, appunti, disegni dei suoi spostamenti in solitaria attraverso deserti e catene montuose nelle quali ricorre l’ossessione dei numeri dei giorni e delle notti, dei passi e delle direzioni: una sorta di guida esperienziale da condividere.
Una delle performance più d’effetto, rispetto all’arte nel camminare, è sicuramente quella di Marina Abramovich e Ulay che, nel 1998, utilizzarono il camminare per mettere alla prova i loro limiti fisici, mentali ed emotivi: i due artisti, uniti sentimentalmente, camminarono l’uno verso l’altro per 3800 chilometri lungo la muraglia cinese con l’intenzione di sposarsi al momento dell’incontro; al termine del percorso, però, ciò non avvenne e la coppia si separò.
Un’esperienza personale e artistica che rimane ancora oggi un esempio sorprendente della trasformazione che avviene durante il cammino, così intensa da cambiare il proprio modo di essere, vedere e vivere la vita.