Il mondo è da sempre abitato da camminatori. Uomini che percorrono a piedi piccoli tragitti o grandi distanze, mossi da desideri che vanno al di là della necessità di spostarsi da un luogo all’altro della Terra.
Bruce Chatwin foto dal web
Bruce Chatwin, famoso scrittore e viaggiatore britannico, ci insegna che nella lingua tibetana la parola (a-Go ba), ovvero “essere umano” prende il significato di “viandante”, “chi fa migrazioni”. E di fatto, il nomadismo è la prima forma di società esistente, legata ai primitivi bisogni di trovare nuovi pascoli per il bestiame e la caccia.
Con la diffusione dell’agricoltura i gruppi umani si sedentarizzano, ma non smettono di viaggiare, semplicemente cominciano a farlo per motivi slegati dal bisogno e dalla necessità di sopravvivenza.
Breve storia del camminare
Le motivazioni che nel corso della storia hanno spinto gli uomini a camminare sono in diverse e spesso rispecchiano le esigenze e le aspirazioni del periodo in cui hanno vissuto.
I filosofi e i pensatori classici camminavano in cerca della verità, del confronto e dello scontro, bramosi di risposte. Lo facevano nelle città, per le strade, nelle piazze, in mezzo alla gente, a volte improvvisandosi mendicanti, a piedi scalzi, con una pezza di stoffa sulle spalle e una bisaccia semivuota. Un cammino a tratti impaziente, a tratti riflessivo, di chi voleva entrare in contatto con la realtà in tutta la sua forza, di chi desiderava scrutare, analizzare e interrogare.
Curiosi ed esploratori desiderosi di conoscere culture e modi di pensare differenti, scoprivano terre lontane e luoghi selvaggi. Esploravano nuove mete, si informavano, leggevano, macinavano chilometri con un continuo desiderio di stupore e di avventura.
Artisti, scrittori e musicisti viaggiavano invece per stimolare l’immaginazione, trovare la musa ispiratrice, comporre, creare, trasformare parole, forme e colori. Un esercizio quotidiano, necessario per la mente e per i sensi, da fare soli, immersi completamente nella natura, o in compagnia di amici e sconosciuti. Il camminare diventava un’esperienza educativa di grande valore, un sentimento tradotto egregiamente in parole da Jean-Jacques Rousseau.
“Non ho mai tanto pensato, tanto vissuto, non sono mai tanto esistito, stato tanto me stesso, se così oso dire, quanto in quelli (i viaggi) che ho compiuto solo e a piedi”.
Il senso del camminare oggi
Dal momento in cui camminare perde definitivamente la sua valenza di mezzo con cui spostarsi alla ricerca di qualcosa, inizia ad essere accostato ad una dimensione diversa, meno materiale e più di ricerca interiore.
Si recupera e valorizza il rapporto con la natura ed il viaggio a piedi diventa un possibile veicolo tramite il quale riuscire ad evadere dalla quotidianità per ritrovare una spiritualità nuova, separata dall’elemento religioso.
Chi cammina conosce la libertà, può andare dove vuole, può dimenticare gli impegni, fuggire dalle costrizioni del lavoro, ma anche trasgredire, per rompere definitivamente con un sistema che non sente suo, fino a sperimentare la rinuncia di tutto.
Chi cammina cura la sofferenza e i dolori, o coltiva il silenzio e la solitudine, lontano dai rumori delle città, dai chiacchiericci e dalle notizie, ma anche dal brusio interiore con il quale giudichiamo noi stessi e gli altri.
Chi cammina sente il bisogno di rallentare, per scardinare la convinzione che la velocità aiuti a guadagnare tempo, quando invece è vivendo con lentezza che le giornate sembrano più lunghe, fanno vivere di più, in ogni secondo.
C’è poi chi cammina per affermare i propri diritti, come Gandhi o Martin Luter King, per promuovere un ideale di indipendenza, prestare fede alla parola data, con l’esperienza della fatica e della resistenza.
Nel camminare si ricerca ovviamente il benessere e la felicità: quello degli incontri, del sole sulla pelle, del profumo del mare, di vivere e godere a pieno della propria presenza.
Siamo camminatori dalla nascita. Ed il cammino è talmente importante in tutti i secoli e tutte le tradizioni che la sua metafora è fortemente radicata nel nostro immaginario: la vita in fondo è un viaggio, verso una meta, in cui ogni passo è una ricerca e una scoperta del mondo e di se stessi.