Ormai non c’è dubbio: il Cammino è sicuramente un’esperienza indimenticabile, spesso anche una di quelle che ti cambia la vita. È per questo che molti, al termine del loro percorso, sentono il desiderio e la necessità di restituire e ringraziare per tutti i benefici ottenuti. Uno dei modi in cui è possibile farlo è attraverso le attività di volontariato negli ostelli o Albergue che si trovano sul tragitto, punti di riferimento importantissimi per ogni viandante, dove gli Hospitaleros si prendono cura dei pellegrini.
Queste strutture, infatti, solitamente messe a disposizione da parrocchie o privati e organizzate in stanze con letti a castello, bagni e, a volte, anche una cucina, diventano, nel corso del tempo, dei veri e propri spazi sacri in cui raccogliersi in solitudine per riposare e riflettere e, al contempo, vivere in uno spirito di piena condivisione. Tra uno spostamento e l’altro, la disponibilità e la gentilezza dei volontari, che si rinnova ad ogni tappa, seppur in uomini e donne di età e nazionalità differenti, sono una delle solide certezze che accompagna e rincuora i camminanti nel loro continuo andare.
Solitamente la durata minima del servizio è di 15 giorni, ma può prolungarsi anche per mesi e, in alcuni casi, è necessaria una formazione, presso una delle Associazioni promotrici del Cammino, in cui vengono affrontate le tematiche più importanti che riguardano l’ospitalità e l’accoglienza in Cammino.
Accogliere come dono
Il valore dell’accoglienza in Cammino, in effetti, è uno dei segni che rimane più impresso nei cuori dei pellegrini; dopo decine di chilometri e giorni di camminare, l’arrivo ad un rifugio ospitale è ciò che rende il viaggio un’esperienza davvero sentimentale. Sentirsi a proprio agio e a casa in un luogo straniero, che cambia quotidianamente, è fondamentale per mantenere un buon equilibrio interiore e solo chi ci è già passato sa quanto è importante terminare la giornata con un sorriso, uno sguardo di comprensione, una stretta amichevole ai quali consegnare per un momento la propria stanchezza e sofferenza, ma anche la gioia e l’entusiasmo.
Occorre una certa delicatezza, una predisposizione al donare disinteressato e anche grande impegno per vivere il cammino da hospitalero. Oltre al piacere di offrire un caloroso benvenuto, infatti, i compiti giornalieri possono includere il lavaggio dei pavimenti, la pulizia delle camere, il cambio delle lenzuola, la preparazione della prima colazione e, poi, il rendersi disponibili per dare consigli sulle successive destinazioni, sui servizi che può offrire la località in cui si è arrivati oppure per curare una vescica o una ferita: il tutto senza volere nulla in cambio. E ciò, in verità, avviene sempre più frequentemente.
Ascoltare con il cuore
“Le persone giungono nei luoghi nel momento preciso in cui sono attese”
Non solo aiuti concreti. Un supporto altrettanto importante che può offrire un volontario è quello di mettersi in ascolto e raccogliere il bisogno dei pellegrini di parlare delle loro esperienze ad un compagno che capisce quello che stanno attraversando. Avendole sperimentate personalmente, l’hospitalero può comprendere le fatiche di chi cammina, intuirne le motivazioni e le emozioni ed aiutare la persona a sentirsi meglio o semplicemente ad esprimerle.
Accoglienza in Cammino è anche saper ascoltare. Questo richiede però volontà ed, insieme, pazienza, rispetto e apertura: non è solo stare accanto a qualcuno e sentire ciò che ha da dire, ma cercare di percepire il suo stato d’animo, la felicità, la paura, la soddisfazione, lo sconforto che si celano dietro le parole, il più delle volte rimanendo in silenzio, lasciando fluire il pensiero in libertà, anche con le sue contraddizioni, pause o interferenze. Accogliere, di nuovo, con il cuore.
Accade così, nella bellezza di questo incontro tra sconosciuti, tra lievi pianti e racconti divertenti, che la sera, con la sua atmosfera magica, diventi la meravigliosa ricompensa di una giornata faticosa ed intensa.