Camminare è un atto talmente semplice e naturale che spesso ne sottovalutiamo l’importanza, eppure è proprio grazie a questo movimento che iniziamo a sperimentare il mondo, che possiamo entrare in contatto con le diverse possibilità che ci circondano, concretizzare le nostre scelte.
A volte, è solo quando siamo impossibilitati a spostarci che ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale per la nostra esistenza; non solo come attività fisica, ma, soprattutto, come strumento imprescindibile per la soddisfazione dei nostri bisogni e la realizzazione di qualsiasi nostro desiderio.
Potremmo definirlo quasi una forma di autobiografia, un filo conduttore che racconta la storia di ognuno di noi, nella sua unicità, dai primi passi, titubanti e curiosi, agli ultimi, tremolanti e stanchi.
Tutti possiamo ricostruire il nostro percorso di vita ricordando le camminate fatte, partendo da quelle dell’infanzia, negli spazi ristretti di casa, nei cortili e nei tragitti per andare scuola, da un lato all’altro dei parchi giochi, per poi passare a quelle dell’adolescenza, caratterizzate da improvvise fughe e vagabondaggi, partenze folli e ritorni disastrosi, fino all’età adulta con le sue code e le lunghe attese, i continui giri a vuoto, ma anche le passeggiate, i viaggi, le corse senza fine.
Narrarsi equivale a ripercorrere il proprio cammino, riattraversare i luoghi abitati e visitati, reincontrare le persone conosciute, amate e dimenticate, rivivere le gioie e i dolori, le scoperte e le ferite: tornare a muoversi su quei tratti di strada in cui abbiamo lasciato qualcosa di noi e in quelli dove abbiamo preso qualcosa di altro.
Non importa se siamo stati lenti o veloci, costanti o imprevedibili, ogni capitolo della nostra storia prende l’esatta forma che gli appartiene seguendo un suo ritmo in base a quanto e come stavamo camminando in un determinato periodo, a quante soste abbiamo dovuto fare o quanti ostacoli dovuto superare.
Tutti i cambi di direzione, le incertezze, le salite, le cadute, le diverse prospettive, gli stop e le precedenze, i sorpassi, i retro front sono immediatamente accessibili alla memoria attraverso il racconto del proprio camminare; impronte e tracce che segnano ciò che abbiamo fatto, a testimonianza di fatiche e successi o come avvertenza per non incorrere in altri errori e mancanze.
Quante vie hai percorso finora? o sei sempre rimasto sulla stessa strada? con chi hai fatto i tuoi passi più importanti? quando hai camminato da sola? quante volte hai dovuto cambiare scarpe? e compagno d’avventura? chi ti ha tenuto la mano nell’attraversare un incrocio? e chi ti ha abbandonato una volta arrivato al traguardo? quale destinazione non riesci mai a raggiungere?
Riesci a vedere la tua autobiografia? Ora che hai scritto le prime pagine, che hai a disposizione una sorta di bozza, prenditi un po’ di tempo per rileggerla, per rivivere emozioni e situazioni e poi modificala, aggiungendo quei particolari che solo con il ricordo vivace possono affiorare, ma lasciando anche spazi e fogli vuoti da riempire.
Ogni nuova esperienza di vita è un viaggio ed ogni nuovo viaggio è un’esperienza, così il materiale per scrivere la propria storia non può che essere in continua evoluzione, arricchirsi di sfumature, intrecci e opportunità.